giovedì 23 settembre 2021

Momenti: Da Dove Entra la Luce

Ieri è stata una giornata piena. Non la so classificare brutta, perché di note positive ce ne sono state... Ma il passato e un dolore che non ho ancora superato del tutto, sono ancora lì. Nel voler bene c'è il rischio del dolore e della perdita, un rischio che ho sempre cercato di minimizzare, ben sapendo di essere di cuore tenero, cercando di non far entrare troppi nel mio intorno, ma per quanto accorta qualcuno riesce a scavalcare il muro... Trova la breccia e si infiltra nelle crepe.. Cohen diceva che è da lì che entra la luce. La luce entra ma anche le tenebre, che comunque fanno parte di ogni cosa. Ma poi il dolore c'è sempre, anche quando ti lascia per sempre chi hai amato e ti ha amato e quindi quel muro servirebbe a tenere fuori tutto, anche il bene. Un cuore che si difende costantemente non gioisce mai delle cose belle. Siamo stati abituati a pensare solo al dolore provocato dalle forme di amore romantico, ma se devo essere sincera mi hanno portato più dolori le altre forme di amore: quello fraterno, spesso incompreso, frainteso, approfittato. E così se dó fiducia a qualcuno, e questo dopo poco sbatte, senza volere, contro quella ferita, ingenuamente o per difendere sé stesso, comincio a pensare di fuggire, di ritirarmi di nuovo, che ho fatto male a fidarmi. Ma poi scopro che il dolore arriva lo stesso, da altre parti. Il dolore che lascia dietro di sé chi ci lascia. E alla fine penso anche a quello che potrei aver provocato io agli altri, senza saperlo, e così rimango, provo a fidarmi, a rischiare. 


È di dolore, fuga e mostri umani che parla questo libro, che ho comprato ieri e già letto a metà, un thriller ambientato nelle Highlands scozzesi, che mi ha colpito per la copertina ma anche per il titolo... La Dama Verde (di Karen Sander) una figura della mitologia celtica. La rappresentazione della Natura Selvaggia, salvifica e venefica. Non l'ho ancora incontrata nel libro, e sono curiosa di capire il suo ruolo. Il libro scorre veloce, non so se la fine mi piacerà o meno ma è il bello di lasciare che le cose vadano, senza dovermi preoccupare o pensare di fuggire, mi godo il viaggio letterario. L'unico mostro da cui non si riesce a scappare per sempre è il dolore, ma se scappo solo per la paura di provarlo, scapperó anche dalla gioia luminosa, e da quello che posso imparare attraverso queste esperienze, o no? 
Un abbraccio 
Agrifoglio

mercoledì 22 settembre 2021

Biodiversi: Il Pesco della Vigna

È arrivato il tempo della vendemmia e insieme sono arrivate le Pesche della Vigna. Per anni ho visto nei filari superstiti di casa mia questi alberini non tanto grandi esili, che arrivato settembre, più o meno al tempo della raccolta dell'uva, davano i loro frutti delle peschine gialle venate di rosa.

Ho sempre pensato si trattasse di un frutto selvatico perché rispondeva alle caratteristiche di molti selvatici: frutti piccoli, che si riproduce da seme (nocciolo). 
In realtà anche grazie a un mio amico che ha vissuto nel Chianti, ho scoperto che si tratta di una varietà antica: Il Pesco della Vigna. Chiamato così perché veniva piantato nei filari di viti, per dare ristoro durante la vendemmia. Infatti ha un sapore dolce ma con un retrogusto amarognolo, che lascia dissetati, rifocillati. Questo alberino è molto resistente a molte avversità del Pesco, quali la bolla, in cui si vedono le foglie accartocciarsi e tingersi di rosso fuoco. La bolla del Pesco, un fungo, che può risultare fatale per molti peschi innestati (si perché quasi tutti sono degli innesti) o comunque diminuirne la produttività, se non opportunamente trattati, con un fungicida. In biologico si usa la poltiglia bordolese un composto contenente solfato di rame e idrossido di calcio oppure ultimamente si sta provando la propoli, che sembra essere molto utile a questo scopo. 
Negli anni avevamo provato a mettere a dimora peschi innestati di vario genere, ma senza successo. Sottovalutavamo quello che avevamo già in campo, che pure utilizzavamo e consumavano. 
A un certo punto ci siamo accorti che non dovevamo andare lontano per trovare quello che volevamo. Era lì, esile ma forte con i suoi frutti profumatissimi, che ha sostenuto generazioni di agricoltori. 
E abbiamo smesso di cercare lontano dal nostro naso, anche per le altre specie concentrandoci sul recupero di tutto quello che è locale. Un giorno guardando in una riproduzione di un erbario tedesco di metà del 1500 ho trovato il mio pesco.. Lo chiama semplicemente pesco, segno che la specie che ha originato tutte potrebbe essere questa. Ne esiste una rossa di buccia e di polpa che spero di trovare da queste parti perché mi piace molto... Vedremo.. 

Prunus Persica L. Erbario di Leonhart Fuchs (1543)

Qualche nota in più... Se si piantano i noccioli la pianta che si ottiene ogni volta è simile alle altre ma leggermente diversa, come un figlio da un genitore: foglie più piccole o più grandi, più amaro o più dolce, frutti più o meno rosati più o meno grandi. È la sua bellezza. 
Devo aggiungere che con questa pesca, dalla buccia leggermente pelosa, si fanno anche delle marmellate buonissime.
Quando guardo questo pesco mi ricordo che non devo mai sottovalutare quello che sembra esile o quello che c'è già, perché nasconde spesso una grande forza ed è un grande tesoro. 
Un abbraccio
Agrifoglio 

mercoledì 8 settembre 2021

Momenti: Vita da Cimice

Stavolta parto da lontano per raccontare qualcosa di agricolo. Ieri è stata una giornata strana...premetto che pur avendoli, ho un rapporto discontinuo con i social, soprattutto FB, che tengo soprattutto per promuovere l'azienda agricola e per non dimenticare qualche compleanno, persa come sono nella settimana... La domenica avevo fatto un mercato agricolo e dato che era la prima volta, per promuoverlo, ho messo un po' di foto... Poi mi sono persa a guardare i post...Non so cosa scatta dentro ma mi sono ritrovata a dirmi che avrei dovuto smettere di pubblicare sul blog, che tanto non interessava a nessuno, che quello che dicevo era banale. Ho fatto un giro di chiacchiere prima con "Junior" il mio amico appassionato di agricoltura e poi con una donna super saggia, Niv. Mi sono resa conto che fa veramente male alle persone come me stare sui social: faccio un lavoro abbastanza in solitaria, a volte duro, bisogna ammetterlo, e spesso mi mancano il dialogo, le discussioni che avevo in laboratorio con amici e colleghi. Vedere ostentare di tutto: viaggi, amicizie, cibo, stili di vita e come dice Niv, non per la condivisione vera, per ricordare a qualcuno di lontano, qualcosa, fargli capire che lo pensi ci sta (oddio è pur vero che c'è il telefono) ma per i like, per mostrare ad altri ciò che si possiede (oggetti, animali e si, anche persone) mette in una condizione di disagio e inadeguatezza. In me scatta il senso di inutilità e solitudine. Uno si può chiedere tutto questo cosa c'entri con l'agricoltura, magari poco, ma valeva la pena di accennarlo, per chi, in un momento di sconforto pensa che la condivisione che sta portando avanti su un mezzo così "datato" come il blog, per il puro gusto di farlo, sia inutile. Io lo faccio per raccontare mestieri che altrimenti si vedono sia sui social che in TV estremamente distorti: la Natura mostrata sempre benevola che dà senza sforzo, senza sporcarsi che è il frutto di troppe foto di pura bellezza, di voglia di fuga dalla realtà e invece il laboratorio visto come fonte di malvagi complotti e di composti orrendi e non di menti al lavoro per comprendere e migliorare il proprio mondo e a me piace raccontare ciò che accade di vero, anche se a volte è sgradevole o difforme da quello che si sente. Confortata dal fatto che mi piace ancora pubblicare e scrivere sul blog, me ne sono andata sui pomodori, ben sapendo che mi aspettava un lavoro impegnativo:il calo delle temperature e un temporale hanno portato al declino di molte piante e quindi a pomodori malati, ormai la stagione è alla fine e non vale la pena di disperarsi per questo, succede, è un ciclo vitale.. Ma il resto, beh è un'altra storia.. 
Un'esplosione di cimici che non sono riuscita a contenere nonostante varie prove anche con l'olio di arancio dolce e un po' di caolino. L'azadiractina, la sostanza di cui vi ho parlato qualche post fa, non riesco a trovarla, se non in grandi quantità che so che non useró, e mi perplime l'idea di rendere amara la buccia del pomodoro... Mi sono quindi armata di un contenitore contenente acqua e sapone molle per affogarle. Dopo due ore di "caccia", dove le mie prede, cercavano di sfuggirmi buttandosi dal pomodoro, nascondendosi, per non cedere allo sconforto di questa opera che mi sembrava immane, mi sono ritrovata a pensare alla vita di una cimice umanizzata. C'era chi chiacchierava seduto sul bar pomodoro, chi prendeva il sole su uno sdraio immaginario, nonni e nipoti che parlavano, cimici "romane" (perché su un pomodoro di una varietà chiamata Roma) che ci provavano, cimici asiatiche che si compravano il pomodoro...una cosa un po' folle lo ammetto, ma mi sono distratta e il lavoro è andato via più veloce e con meno angoscia di non farcela a contenere... Anche se poi a umanizzarle c'è il rischio di non volerle più eliminare. Mi devo ricordare più spesso che la realtà fisica, seppur a volte difficile riesce a ridimensionare qualunque sconforto. Come diceva Pia Pera l'orto cura qualunque angoscia dell'anima, e io aggiungo anche gli amici giusti. Se qualcuno vuol fare qualche chiacchiera, domande o considerazioni, io sono qui. 
Un abbraccio
Agrifoglio

mercoledì 1 settembre 2021

Altri Mondi: Il Rumore delle Foglie

Ogni luogo è diverso, nonostante possano sembrare simili, ma alcune cose le riesco a cogliere solo con l'esperienza fatta in questi anni. Sono una persona profondamente Radicata nella mia Terra e mi sposto di rado, anche per via del mestiere che ho scelto, ma quest'anno sono tornata in un luogo in cui ero stata qualche anno fa, nella zona di Senigallia..Il posto è circondato dai campi. Quando ero venuta la prima volta il paesaggio mi era sembrato quello di un dipinto e ma non avevo saputo cogliere molte cose. Ho sentito il bisogno di fare un giro così ho preso la via che costeggia i campi e sentivo, in lontananza, un trattore che lavorava. Sapevo dal rumore che era un vecchio cingolato, ma dalla posizione in cui mi trovavo non lo vedevo. I campi sono tutti in pendenza. 


Ora sono praticamente tutti spogli e mi sono chiesta cosa ci fosse, probabilmente cereali o mais considerando il colore. In alcuni campi invece si vedevano i girasoli arrossati dal sole, pronti per la raccolta, e poi viti, olivi. La Terra qui è quasi creta, gialla, ma mi sono accorta di un particolare: ci deve essere acqua perché ai margini della strada ho visto molto equiseto (coda cavallina) e poi i rovi lungo la via erano verdi brillanti, nonostante l'estate torrida e arida. C'erano anche le canne, quelle usate come tutori per le piante. Mi rendo conto solo ora di alcune cose, perché le conosco. So come leggere alcuni segni della Natura che prima mi erano sconosciuti. 


Ho continuato a camminare. e ho visto che qui i pioppi hanno tronchi larghi come quelli delle querce, mentre da me sono alti ed esili, svettanti. Passando sotto uno di questi alberi è arrivata una folata di vento e subito le foglie hanno preso a battere e sembrava di sentire il rumore della pioggia. Possibile che da me non ci abbia mai fatto caso? Qui le loro fronde sono mantenute basse, magari è per questo che lo sentivo così distinto perché il suono era alla mia portata di orecchio e non in alto. 


Ad un tratto ho visto il trattore in lontananza e ho sentito la necessità di fermarmi, sedermi sull'erba e osservarlo. Arava come si ara da me in montagna andando dall'alto verso il basso, poi alzava l'aratro e tornava in alto e io lì lontana, ascoltavo il rumore il suo familiare cigolio ed ho avuto il bisogno di raccontare tutto questo a un amico che condivide con me l' interesse per l'agricoltura. Ma questo bisogno non si è placato e ho pensato di condividere queste osservazioni con chi leggere il mio blog.  Mi sono alzata e mi sono accorta che nell'invaso di acqua lì vicino c'erano due anatre (o forse due oche del Canada, non sono sicura), mentre dalle mie spalle è arrivato l'odore dei meloni che avevano raccolto. Credo che un luogo si possa iniziare a capire davvero solo quando si ha un'esperienza diretta, ma la continua meraviglia che si può avere attraverso l'osservazione è qualcosa che esula la conoscenza, come avevo notato nella mattinata. 


Questa è una Terra multiforme e in mattinata me ne stavo in riva al mare ad osservare le alghe arrivate sulla sabbia, segno di un Tempesta che si era consumata. La sabbia in questo tratto di spiaggia è fine piena di conchiglie che frantumandosi andranno a dare altra sabbia. Mi sono chiesta cosa avrei fatto se fossi vissuta in riva al mare. Forse avrei finito per andare a pesca o a raccogliere cose finite in riva dal mare per farne oggetti o opere d'arte come in un libro che ho amato molto e che si intitola Al di là del Mare di Lauren Walk. 


Il mare mi mette malinconia e voglia di camminare e mi sono ritrovata vicino a una macchia di piante protette, delle "biodiverse". Erano tutte spinose adatte al clima riarso della spiaggia. Sono comunque bellissime. Chissà cosa mi direbbe il mare se lo conoscessi come sto iniziando a conoscere la terra?

 
È voi di cosa avete fatto esperienza? Di cosa vi siete accorti perché prima, senza esperienza, non potevate vederlo? Sono curiosa.
Un abbraccio
Agrifoglio